Educare, cioè amare

Su ali d'aquila

Domenica 04 febbraio • Penultima dopo l'Epifania


I nostri occhi in questa domenica desiderano concentrarsi sulla figura della donna. Non conosciamo la sua storia, ma possiamo provare a comprendere cosa si muove dentro di lei. Quel giorno, come abbiamo sentito dal vangelo di Luca, Gesù entra nella casa di Simone il fariseo e da dietro, a un certo punto, una donna comincia a bagnarli i piedi con le sue lacrime, ad asciugarli con i suoi piedi e a profumarglieli con olio.

Che cosa ha visto in Gesù quella donna? Non tanto il fenomeno del momento, quanto una nuova strada, una nuova via. E il segno sta proprio dal come quella donna bagna i piedi di Gesù e glieli asciuga. Li bagna con le sue lacrime, segno del suo pentimento e della sofferenza che il peccato, il male porta con sé. E’ come se nel silenzio questa donna consegnasse tutta la sua storia a Gesù, però con una richiesta ben precisa: a te mi affido, affido il mio essere donna, la mia storia. A te mi affido: queste parole sono racchiuse nel gesto dei capelli, segno della dignità della donna. Con i suoi capelli la donna asciuga i piedi di Gesù: è il desiderio di dipendere da lui, di affidarsi a Lui, di cominciare in maniera definitiva un nuovo tratto di strada. C’è un ultimo gesto che Gesù stesso sottolinea: la donna continua oltre che a bagnare, ad asciugare e profumare i piedi di Gesù, anche a baciaglierli. Il bacio, segno di un nuovo respiro di vita vera, del respiro di quella sequela che la donna desidera vivere incontro a Gesù.

Con pochi gesti la donna esprime tutta la sua fede in Gesù, ma paradossalmente si pone come Giovanni il Battista, a indicare in Gesù il vero Signore, la vera salvezza. In Lui la donna ha visto risplendere la parola del profeta Osea: a Dio non piace la nostra sofferenza causata dalle nostre azioni cattive. Dio educa il suo popolo, gli fa comprendere il senso del suo agire, ma non lo lascia nel suo male. Per il suo popolo, per ognuno di noi Dio ha sempre una parola di salvezza, una parola di vita nuova e di risurrezione: Dopo due giorni ci ridarà la vita, e il terzo ci farà rialzare.

Che cosa ostacola l’agire di Dio? Le nostre parole vuote, parole che molte volte si tingono di sacro, ma di un sacro che appesantisce il cuore del popolo di Dio. Parole che non derivano solo da certe predicazioni, ma anche da alcuni nostri modi di vedere il volto di Dio, come legislatore, quasi come un castigatore. Simone il fariseo è l’esempio di questo continuo mettere in discussione il vero volto di Dio: se fosse un profeta, saprebbe che questa donna è una peccatrice. Molte volte ci poniamo noi a giudicare Dio, a dire che cosa dovrebbe fare, come dovrebbe essere Dio: questo è uno dei mali del nostro modo di vivere la fede e di annuncio del Vangelo. Paolo stesso non vuole più rimanere sottomesso alle immagini falsi di Dio derivanti dalla interpretazione della legge, ma invece far risplendere quella vita che il Padre nel Figlio consegna.

Guardare con i nostri occhi il vero volto di Dio, non un castigatore, non un bonaccione che lascia passare tutto, ma invece il volto di Colui che educa, ed educa amando ogni storia, ogni ferita e non riducendo le nostre storie alle nostre ferite, ma alla promessa di vita che ciascuno di noi è. Ecco perché Gesù quel giorno perdona la donna: perché è Figlio di Dio, perché da la vita, perché ama come solo Dio può amare. E quindi anche noi, come la donna, stiamo davanti ai piedi di Gesù, stiamo davanti alla sua presenza, per lasciar risplendere in noi la vera vita, quella che solo il Signore ci può indicare, ci può donare.
 

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